Il museo della Storia di Bologna, un percorso culturale, artistico e museale.

Palazzo Pepoli ospita il Museo della Storia di Bologna che racconta l’intero arco della storia della città e dei suoi abitanti a partire dagli Etruschi ad oggi, proponendo una sequenza di nuclei espositivi costruiti intorno a episodi chiave, personaggi simbolici, aneddoti e temi trasversali. La presentazione dei contenuti avviene mediante una combinazione di oggetti, immagini, elementi multimediali. Inaugurato il 27 gennaio 2012,  Palazzo Pepoli è sede centrale  di Genus Bononiae: un sistema museale unitario costituito da sedi diffuse nel centro storico di una città di eccellente valore urbanistico-architettonico e di particolare qualità ambientali. Si tratta di un percorso culturale, artistico e museale articolato in edifici nel centro storico di Bologna, restaurati e recuperati all’uso pubblico. Biblioteca d’Arte e di Storia di San Giorgio in Poggiale, con un ricco patrimonio librario a partire dal 1500; San Colombano, con la collezione degli strumenti musicali antichi del Maestro Luigi Ferdinando Tagliavini; Chiesa di Santa Cristina, sede di concerti; Santa Maria della Vita, ove è collocato il Compianto sul Cristo morto di Niccolò dell’Arca; Palazzo Pepoli, museo innovativo dedicato alla storia della città; Palazzo Fava, affrescato dai Carracci e centro interamente destinato ad eventi ed esposizioni; Casa Saraceni, sede della Fondazione Carisbo; San Michele in Bosco, grande belvedere affacciato su Bologna, ricco di opere d’arte. Inoltre il Palazzo Pepoli è sede di un museo dedicato alla storia, alla cultura e alle trasformazioni di Bologna, dalla Felsina etrusca fino ai nostri giorni.

Il museo  si offre alla fruizione di un pubblico vasto e differenziato:  dagli stessi cittadini di Bologna che vogliono riscoprire la storia e il patrimonio culturale della loro città, ai turisti, alla scuola, agli studenti universitari, alle comunità straniere presenti sul territorio. La peculiarità di Palazzo Pepoli sta nel suo essere un museo fortemente interattivo, che si distacca da altri presenti nella città ma che allo stesso tempo crea un continuo dialogo affiancando altre istituzioni attraverso quattro modalità essenziali: i rimandi, affidati a postazioni video dove vengono presentati i musei esistenti in città che hanno un nesso con un determinato tema; le attività didattiche che sono svolte anche in collaborazione con diversi musei cittadini; i prestiti di opere e reperti e le collaborazioni scientifiche poste in essere con molti musei e realtà culturali bolognesi, al fine dell’arricchimento del progetto museale e della sua concreta realizzazione.
Sono esposte più di 200 opere e capolavori provenienti dalle Collezioni della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, suddivise tra disegni, incisioni, fotografie, libri, dipinti, sculture, insegne e altri reperti storici, selezionati in base alla loro pertinenza rispetto ai temi affrontati. Al centro della corte di Palazzo Pepoli L’Architetto Mario Bellini ha collocato, “La Torre del Tempo”, una leggera torre ombrello di vetro e acciaio che reinventa la corte sfigurata dal tempo facendogli riacquistare dignità e funzione. Una lanterna magica inondata dall’alto di luce naturale, quasi a sfidare la Bologna delle Torri. Una scelta strategica, che rende possibile e fluido l’intero percorso di visita tra piano terra e  piano nobile, di cui proprio la torre e la corte diventano epicentro. Il museo è attento al comfort del visitatore: è interamente accessibile a disabili; il lettering consente una agevole lettura anche a persone ipovedenti; le numerose sedute presenti diventano più frequenti mano a mano che il percorso si snoda lungo le 34 sale espositive; sono previsti spazi di ricevimento, sosta e transito; i dispositivi video sono installati con apparati di diffusione sonora che agevolano l’ascolto individuale senza interferire con il resto dell’ambiente.

Info:
il museo è aperto al pubblico dal martedì alla domenica, dalle ore 10 alle ore 19.
Via del Castiglione, 8 Bologna

http://www.genusbononiae.it/index.php?pag=25

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Il manuale d’amore 2.0

Dalle mail alle chat tutte le regole della seduzione 2.0

Il web, presenza forte e inevitabile nella nostra vita, ha stravolto anche il modo di mettersi insieme e di lasciarsi.Sembra facile, ma non è facile corteggiarsi ai tempi di internet. Ci sono cinque grandi aree di azione: i messaggini, i siti d’appuntamento on line, Facebook, Skype, la posta elettronica e lo smartphone. Intorno a questi nuovi mezzi di comunicazione, rispetto al vecchio e caro caro corteggiamento dove con grande timidezza tutto avveniva vis-à-vis, sono state stabilite delle regole per il corteggiamento 2.0

Tutto ruota intorno a quella legge vecchia quanto l’eternità: farsi desiderare.
Quindi, aspettare di rispondere a un sms amoroso almeno quattro ore e se la tentazione si fa forte cambiate il nome del/della destinatario/a con un bel NON FARLO! ( con tanto di maiuscolo). Importante evitare sms “piccanti” almeno fino a quando non si è ragiunta una certa intimità. E’ la stessa filosofia che  sta alla base delle prima regola per chattare su Skype: riattaccare per primi, distacco vuol dire potere.
Stesso concetto che caratterizza Facebook: non chiedere per primo l’amicizia a chi ti piace. Il social network è il campo più minato, bisogna fare attenzione e cancellare per quanto possibile le vostre tracce: evitare durante il corteggiamento di immettere sul profilo foto troppo private, utilizzare le impostazioni sulla privacy e “condividere” il meno possibile con le persone che ci piacciono. E’ importante tenere un profilo basso anche su i siti d’appuntamento. Curriculum minimo: chi siete, che fate e se entro quattro e-mail non scatta l’invito a cena meglio passare avanti!
Sicuramente il mezzo da evitare il più possibile è la posta elettronica, non avendo restrizioni dà la possibilità di dilungarsi, quindi annoiare, troppo rischiosa. Un altro errore è quello di fiondarsi al telefonino dopo il primo appuntamento, lasciate che sia sempre l’altro/a a cedere al desiderio di chiamare!

E voi seguite queste regole durante il corteggiamento 2.0?

Per saperne di più:
www.nypost.com

www.seduzioneweb.altervista.org

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Buona Pasqua!

Non importa chi tu sia: uomo o donna, vecchio o bambino, operaio o contadino, o soldato o studente o commerciante.
Non importa quale sia il tuo credo religioso.
Se ti chiedono qual’è la cosa più importante per l’umanità, rispondi prima dopo
e sempre la pace!
Li Tien Min
Buona Pasqua a tutti!

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Antonio Pibiri- inediti 2013

Alea iacta est
“Ogni neonato è innocente”
Alice Miller

il bimbo è tratto
da disboschi viscerali.

sul foglio a quadri e righe,
di già perde il filo del seme.

ai comandi d’ingegnose paure
s’incaviglia i pieni ondosi.

murate le bifore non ha occhi
che per questa coerenza-disamore.

smemora per tempo il suo segreto.
ripara sotto i colpi del caso.

Antonio Pibiri è nato nel 1968 a Sassari e risiede ad Alghero. Coltiva l’interesse per la Scrittura Creativa e Musicologia, formandosi da autodidatta. Ha presentato in librerie suoi inediti nel 2004, interpretati dall’attrice teatrale Fiammetta Mura,e su autorevoli siti internet (La poesia e lo Spirito, Oboesommerso, ecc.). Presenta nel collettivo Viadellebelledonne un lavoro per il teatro: La rinuncia e la fiaccola. Suoi testi sono apparsi più volte sull’aperiodico di poesia Il foglio Clandestino, di Gilberto Gavioli. Pubblica nel 97 presso Magnum Editore di Sassari la sua prima raccolta Di Quinta in Quinta.
Nel 2010 “Il mondo che rimane” presso la collana Festival di Valentino Ronchi(Lampi di stampa), silloge che ha ricevuto il Premio Speciale della Critica, al “Premio Letterario Internazionale Città di Sassari” edizione 2011, e la Menzione d’Onore al Premio Lorenzo Montano, per l’edito, edizione 2011.

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L’Ancona visionaria

“Sono rinato molte volte, dal fondo
di stelle rovinate, ricostruendo il filo
delle eternità che popolai con le mie mani” […]
Pablo Neruda

Opere fotografiche a cura di Robero Recanatesi
Tema: Città visionaria

Roberto Recanatesi è nato e vive ad Ancona. Laureato in giurisprudenza, fotografa ininterrottamente dal 1987 ed espone dal 1995.
La sua produzione, costantemente apprezzata per la sicurezza espressiva, il rigore visivo, la raffinatezza stilistica, sovente in chiave poetica e nostalgica, abbraccia svariati settori (a partire dall’amata paesaggistica degli inizi) e, da iniziali quanto molto apprezzate predilezioni coloristiche, si è ormai tramutata in un deciso e pregnante bianco/nero, specialmente in merito a figure ambientate di suggestivo e spesso potente spessore.
Ricercatore instancabile e solitario, restio alle disquisizioni tecniche e a tutto quanto possa in qualche modo coinvolgerlo nel consueto “giro” ovvero nei luoghi comuni della fotografia, persegue un personalissimo e tenace ritmo interiore, sulla base di remote e mai sopite emozioni legate soprattutto al suo amore per le arti figurative e lo spettacolo in particolare.
Usa da sempre di una Yashica manuale, con due obiettivi originali da 28 e 50 mm, e di scarsissima attrezzatura aggiuntiva (una Canon per le doppie esposizioni), non ama (almeno per adesso) il mondo digitale e si dichiara un “pigro” e forse un’ ”estraneo” alla fotografia, argomento di cui infatti, almeno per certi lati, non ama troppo discutere. L’essenziale per lui è che gli siano restituiti in immagini lontani sogni e desideri.
La musica, il teatro, il cinema, la pittura, la letteratura sono le componenti decisive e costanti della sua personalità ed, in generale, fotografare per lui significa riunire in una superiore armonia tutto quanto l’ha profondamente coinvolto sin da bambino.
Numerosi gli spazi di prestigio che l’hanno accolto: dalla Mole Vanvitelliana all’Arco Amoroso di Ancona, dagli Antichi Forni di Macerata alla Sala Laurana di Pesaro, al Palazzo dei Priori di Fermo, alla Rocca Paolina di Perugia, alla Palazzina Azzurra di San Benedetto del Tronto, alla Sala dei Mercatori di Ascoli Piceno, al Palazzo del Turismo di Riccione, alla Galleria Giovenzana di Milano, ecc.
Sue opere sono in possesso di collezioni pubbliche e private. Hanno scritto di lui Armando Ginesi, Silvia Cuppini, Sergio Anselmi, Giancarlo Galeazzi,  Lucilla Niccolini, ecc.
Ormai decisamente votato all’onirico e al visionario, le sue opere sono state, tra l’altro, molto apprezzate alle ultime due edizioni della prestigiosa Rassegna Salvi di Sassoferrato.

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I pianti della liberazione 1961

Bruno Fonzi
(1914-1976)

– …Absolve quaesumus Domine, animam famulae tuae… Nicolae…ab omni vinculo delictorum…
«Non c’è il femminile di Nicola, – pensò il Commendator Mastrolungo, – in italiano si può dire Nicolina, Nicoletta, ma in latino?» Smosse un po’ le ginocchia indolenzite, poi si assicurò che il fazzoletto che aveva disteso sull’inginocchiatoio per preservarsi i calzoni non si fosse spostato.
– Qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculoooroum…
– Aaaaaamen! – cantò il Commendatore con gli atri. Ma non udì la voce di Toruccio far coro. Si volse poco a guardare il figlio inginocchiato accanto a lui, e si accorse che, la faccia nascosta tra le mani, aveva ripreso a piangere silenziosamente. Ne fu un poco urtato. La sensività dimostrata dal ragazzo in quest’occasione gli appariva esagerata. Ma subito l’amore paterno ebbe la meglio su quel primo moto; alzò una mano e gliela passò sui capelli con un gesto affettuoso, che però il ragazzo non parve nemmeno sentire. La cappella era quasi buia.
Gli otto ceri che ardevano ai lati del catafalco ne dissipavano le ombre per una striscia di non più di un paio di metri intorno; solo le due cotte, del vecchio prete, altissimo e curvo, e del chierico, uno smunto ragazzetto d’una decina d’anni, spiccavano biancastre in tutto quel nero. Delle due file di banchi che fiancheggiavano il catafalco, quella luce gialla e incerta lambiva appena il primo banco, cui erano inginocchiate una mezza dozzina di suore, su quello di destra; sull’altro, altrettante ricoverate o pensionanti dell’Istituto; ma altre ancora, piú che intravedersi, se ne indovinava nei banchi dietro, da un fitto martellare di colpi di tosse, dai quasi continui raschiamenti e scatarrii di vecchie gole, nonché dal coro piú pieno che da quella parte si levava ai responsori.

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Di acqua e pietra: mostra fotografica di Sauro Marini

Il 21 marzo, ovvero il primo giorno di primavera, coincide con la giornata mondiale della poesia istituita dall’UNESCO nel 1999. Il giorno seguente  ad Ancona, nello show room Comes, si è inaugurata la mostra fotografica  di uno stimato e raffinato artista anconetano, Sauro Marini.
Da sempre  poesia e immagine appaiono come le declinazioni di una fonte comune dalla quale possono generarsi vicendevolmente e appartenersi. Ogni gesto espressivo, verbale o iconografico, è il luogo in cui impera la forma, il luogo in cui si celebra il baudelairiano «culte des images». La splendida relazione che intercorre tra queste due forme di espressione, in un percorso continuo di suggestioni  crea tra queste un forte legame, per meglio dire, imprescindibile. Il rimando principale innanzi tutto partendo  dal ruolo poetico  che svolge l’immagine come luogo dell’ ispirazione da cui sia possibile trascendere le parole.  Nelle fotografie di Sauro Marini si respira una “poesia visiva” che trae la propria forza attraverso il profondo legame che intercorre tra lui e la sua città.  Ancona,  da lui definita città complessa, piena di contraddizioni, e per questa ricca di punti di vista diversificati e suggestivi, dove l’occhio del fotografo si posa e trasmette ogni sua sensazione emotiva, volti a stimolare in chi osserva  ulteriori e rinnovati pensieri poetici.

Lasciamo all’autore la presentazione della mostra:
“E’ nata quasi come una scommessa questa mostra… avevo gettato lo sguardo sull’entrata e sulla lunga scala dello show room della Comes – ero li per acquisti – ; pensavo che era una location interessante per tirar fuori qualche scatto dei miei. Poi un’altra idea si è fatta strada: perchè – ho pensato – non provare a fotografare i materiali esposti, certo non immagini da catalogo, per quello c’è già chi ci pensa nei migliori modi; è meglio andare in cerca di giochi di luci e di ombre che diano il senso delle cose senza mostrare l’intero.
E così è stato, ho girato un paio di pomeriggi, in lungo e in largo, l’esposizione della Comes, annotando gli angoli che attiravano il mio occhio, cercando i giochi creati dalle luci dei faretti, prepotenti se viste all’interno dei coni di luce, ma intriganti se osservate nei punti più nascosti. Ne è venuto fuori un lavoro – secondo me – intrigante; un lavoro che, se volete, potrete vedere a partire da venerdì  22 marzo e fino al 26 aprile negli orari di apertura dello show room Comes, in via Montagnola 26 ad Ancona.”

L’inaugurazione è venerdì 22 alle ore 17,30.
Vi aspetto.

(per visite in mia compagnia: 329 6315695)

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