Il sogno
Il grano era dorato, i mori carichi di foglie pronti a divenire cibo per i bacolini. Piccoli cancelli, cani da guardia, case isolate, lunghi sentieri. Mariano camminava pacifico, il cappello bianco in testa. Passi lunghi, sicuri, attraversavano la campagna. Pini, ginestre, corbezzoli. Le ginestre, i fiori piccoli, gialli, profumati, ambrosia per le api, gli steli flessibili si piegavano al vento. I pini con gli aghi appuntiti verde scuro, i corbezzoli avrebbero dato i loro frutti rossi in autunno. Si stava avvicinando al mare. L’aria salmastra gli accarezzava il viso. Il sentiero scendeva. Sentiva le voci dei pescatori che pulivano le reti, li vedeva. Le onde si infrangevano sulle rocce. I gabbiani, bianchi, le grandi ali ed il dorso grigio, il becco ricurvo, i piedi palmati, si tuffavano in acqua in cerca di cibo. Mariano era sceso fino sotto il monte, ai piedi del mare. Le grotte dei pescatori erano aperte, le barche tirate a riva. Si guardava attorno, nessuno si interessava a lui. Si volse indietro. Un uomo sulla cinquantina, con la barba bianca ed il bastone, lo stava seguendo. Quell’uomo lo conosceva, lo aveva visto a Piazza Grande il giorno del funerale del gonfaloniere. Era un poliziotto. Doveva scappare.
Mariano si avvicinò ad una grotta, era vuota. Vi entrò. C’erano reti, ami, nasse, corde. Disordine, puzza di pesce. La grotta era profonda, non aveva fine. Camminava nel buio, si voleva allontanare da quell’uomo. I suoi occhi si abituarono all’oscurità. La grotta si stringeva, diventava sempre più piccola. Mariano camminava con la schiena piegata, il soffitto si era abbassato, il sentiero era scivoloso, le pareti bagnate. Il percorso era in discesa. Un passo dopo l’altro, nelle tenebre.
Il piccolo tunnel si era trasformato in un grande antro. Il soffitto in un’arcata smisurata. Una luce flebile illuminava l’anfratto, il sentiero scendeva. Stalattiti pendevano dal soffitto, lunghe, affilate, bitorzolute. Piccoli arcobaleni si formavano nelle gocce che cadevano dalle punte, una dopo l’altra, dall’inizio dei tempi, fino a congiungersi con le stalagmiti a formare imponenti colonne. Il grandioso spettacolo della natura. Mariano camminava inesorabilmente verso il fondo del tunnel. Il sentiero lo faceva inoltrare sempre più nelle viscere della terra, la discesa della sua vita. Piccoli specchi d’acqua, rocce calcaree dalle forme bizzarre, un mondo addormentato, incantato. Grotta dopo grotta inerpicandosi per scavalcare massi sfuggenti caduti da chissà dove.
L’eco del suono dei suoi passi rimbalzava di parete in parete, vuoto e solitario. Le mani graffiate, le gambe indolenzite, la camicia inzuppata dalle gocce che cadevano dal soffitto. Mariano continuava a discendere, ogni suo pensiero era rivolto verso la fine di quel suo camminare, la fine del suo inferno.
Due occhi. Un uomo robusto, barba, baffi e scopettoni biondi, la camicia bianca coperta di sangue. Lo guardava. La grotta era immensa, silenziosa. Il battere del cuore, un cuore malvagio, egoista. Nella mano un coltello rifletteva le immagini delle colonne di calcare. Quell’uomo seduto sotto una stalattite simile ad una spada. Quell’uomo doveva morire. Quell’uomo era il suo calvario. Quell’uomo il demone che gli aveva rovinato la vita, i suoi sonni, la sua pace. La lama alta colpiva, colpiva, colpiva. Il sangue caldo sul suolo freddo, umido, viscido dell’inferno. Mariano e la sua colpa. Mariano urlava la sua paura, nella sua casa, nel suo letto con i suoi incubi.
“Svegliati Mariano, svegliati è un sogno!”
Lucetta tremava. Nel buio della casa le urla, il corpo di suo marito che si attorcigliava nelle lenzuola, i suoi figli che piangevano.
Tutto quel denaro da dove veniva? Gli incubi, la violenza dei gesti, il suo segreto.
Graziella Magrini, laureata in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Macerata, scrittrice, poetessa, studiosa di storia contemporanea, segue con grande interesse la crescita del mondo femminile approfondendo tradizioni locali coniugate con le evoluzioni normative.
Nel 2005 è stata tra le vincitrici di un concorso letterario indetto dalla Provincia di Ancona e ha avuto come riconoscimento la pubblicazione della sua opera in un’antologia di poetesse dal titolo Versi di luna (casa editrice Il lavoro Editoriale).
‘Le rondini volano alte nel cielo libere’ pubblicato dalla casa editrice Italic – Pequod di Ancona, – novemnre 2011 – è il suo primo romanzo.
Il 4 maggio 2012 è stata premiata con la benemerenza civica del Comune di Ancona per aver portato con il suo libro lustro e notorietà alla città dorica.
Dal 2012 insieme con altre due scrittrici, Laura Moll e Nadia Diotallevi, ha fondato il gruppo denominato ‘Quello che donne non dicono’ che si prefigge di sensibilizzare le donne sulle problematiche femminili nella società odierna retaggio culturale del passato. A tale scopo la scrittrice, in conferenze solitamente organizzate da associazioni o enti pubblici, propone una panoramica sulle condizioni di vita delle donne, sia nobili che contadine, nelle Marche di inizio ‘800, paragonando il passato con il presente.
Le rondini volano alte nel cielo libere, Italic Pequod
E’ l’alba del 23 febbraio 1832, quando il conte Edoardo Altieri ascolta incredulo sua moglie Agnese Brigante Colonna predire con esattezza l’imminente sbarco francese nella città di Ancona, un’azione decisa da complicati giochi di potere e perciò impossibile da prevedere. Una breve occupazione militare che basta a innescare la spirale della violenza fra i membri della Giovane Italia e i Sanfedisti, fedelissimi del Papa. Da questo momento, i disordini e i fatti di sangue si susseguono di pari passo con la proliferazione delle idee giacobine, che culmina con l’uccisione di un aristocratico reazionario e con la finale caccia all’uomo per l’identificazione dei colpevoli. Sullo sfondo dell’Italia sconvolta dai moti risorgimentali si svolge l’intrigante vicenda di Edoardo Altieri, esponente di spicco del partito papalino e di sua moglie, la bellissima e misteriosa contessa Agnese. L’irresistibile magnetismo della donna non è privo di accenti mistici e si fa allegoria dell’eterno ritorno della Storia nella figura di Agnese, lettrice curiosa ed attenta che ricompone, ai nostri giorni, i tasselli della vicenda passata.
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