1957.
La porta di legno si aprì lentamente cigolando sui cardini arrugginiti. L’uomo uscì di casa ancora assonnato, e quasi incespicò nello scendere i tre gradini che lo separavano dall’acciottolato della piazzetta. Imprecando a bassa voce, si fermò sulla soglia
per accendersi una sigaretta. Sfregò un fiammifero di legno sulla pietra del muro di casa
e lo avvicinò alla punta dell’alfa senza filtro. La prima boccata di fumo della giornata,
lo ripagò ampiamente della levataccia.
Gettò lontano il fiammifero, che si spense ancor prima di toccare terra, e si guardò intorno. Le barche da pesca multicolori erano allineate, come sempre, una di fianco all’altra
sulla battigia. Dietro, a una decina di metri, il mare plumbeo e sconfinato ondeggiava pigro e calmo. Lo guardò a lungo, assorto in pensieri confusi, domandandosi
se anche quella sarebbe stata una buona stagione di pesca.
Tirò un’altra boccata dalla sigaretta, scrollò le spalle per adattarsi all’aria frizzantina
e spostò lo sguardo al cielo. L’umidità e la foschia impedivano la vista verso l’orizzonte, ma sopra di lui le stelle più luminose resistevano palpitando appena alle prime luci dell’alba. Di certo, sarebbe stata una buona giornata, si disse, respirando a pieni polmoni
il persistente profumo proveniente dagli agrumeti.
Alle sue spalle, le vecchie case bianche e ocra dei pescatori di Fusìne si allungavano sull’altro lato della piazzetta, una attaccata all’altra. Erano così simili, e così vecchie,
che davano l’impressione di dover cadere da un momento all’altro. Eppure c’erano già
ai tempi di suo nonno e prima ancora. Avevano ospitato gli uomini di Garibaldi ai tempi della spedizione dei Mille, e quasi tutte avevano sopportato le bombe tedesche
e americane durante la seconda guerra mondiale.
Saranno ancora lì, si disse, quando i miei nipoti giocheranno in piazzetta.
‹‹’Ngiorno, Peppino.››
Assorto com’era, l’uomo non si era accorto della presenza discreta alle sue spalle. Quando si girò, riconobbe il ragazzo e gli sorrise.
‹‹Oh, Ninnuzzo, che ci fai alzato a quest’ora?››
‹‹È ora che anch’io mi guadagno la panatica›› rispose assonnato il ragazzo.
‹‹Sei sicuro? Ma non sei troppo giovane per pescare i tonni?
Ai picciuttieddi* non la pagano la giornata.››
‹‹Non sono più un ragazzino›› sbottò Ninnuzzo. ‹‹A ottobre faccio sedici anni,
e tu alla mia età stavi già sulla muciara del rais.››
Peppino guardò il ragazzo, e per un attimo rivisse le emozioni della sua prima stagione
di pesca al tonno. Erano già passati quattro anni. Ricordò la notte insonne
alla vigilia della scelta della ciurma; gli occhi increduli e canzonatori dei marinai adulti, veterani della tonnara, quando lo videro armeggiare con cime e galleggianti;
la voce burbera del rais che chiamava il suo nome insieme ad altri duecento marinai…
‹‹I tonni sono bestie enormi, Ninnuzzo›› disse Peppino tornando alla realtà,
con l’intento di saggiare la convinzione del ragazzo. ‹‹Duecento, trecento,
anche cinquecento chili, e te li devi tirare nel varcarizzo con la sola forza delle braccia.
Ce la farai?››
‹‹Ce l’hanno fatta tutti›› rispose Ninnuzzo facendo spallucce, ‹‹ce la farò pure io.››
‹‹Ti sporcherai di sangue›› insistette Peppino. ‹‹Sangue di tonno dappertutto, nei capelli, sulle braccia, negli occhi, in bocca… sangue e puzza di pesce marcio per quattro mesi.
I vecchi marinai ti piglieranno per il culo, ogni volta che un tonno ti scapperà di mano.
E tu, che farai?››
‹‹Io, c’infilo un crocchio nel loro buco merdoso, e ci faccio colare
dentro un litro di lattume.››
L’uomo scoppiò in una sonora risata, subito imitato dal ragazzo.
‹‹Vieni qui, Ninnuzzo, che ti faccio vedere una cosa. La vuoi una sigaretta?››
Il ragazzo gli si avvicinò. Prese l’alfa e l’accese, aspirandone il fumo forte senza tossire.
A Fusìne, in quel lontano 1957, i giovani erano precoci in tutto.
Se erano buoni per la pesca al tonno, come gli adulti, erano buoni anche per fumare (…).
(Tratto dal capitolo 1).
* ragazzini
Sicilia, 1957. A Fusìne, antico villaggio di pescatori che sorge a un tiro di schioppo
da Porticello (Palermo), la comparsa nel cielo della costellazione delle Pleiadi
annuncia l’inizio della stagione di pesca al tonno. Glauco Sopello, il rais della tonnara, raduna in piazzetta la moltitudine di persone alla ricerca di un ingaggio per quel lavoro stagionale. Salvo Giardì, figlio minore di don Nanni, padrone della tonnara e dei destini
di tutta quella gente, scorge tra la folla il viso giovane e bello di Maria Bonvento.
E da quel momento, la vita e i destini degli abitanti del borgo cambieranno radicalmente. Uno spaccato lucido e dettagliato di una Sicilia che non c’è più. Una storia d’amore contrastato che si mischia alla mattanza di pesci e uomini, sotto la folle regia
di un burattinaio convinto d’essere il padrone assoluto dei destini degli uni e degli altri.
Paolo Fileni nasce a San Marcello nei pressi di Ancona il 29 giugno 1954
e dopo aver vissuto tra il Piemonte e la Liguria, risiede oggi a Camerano.
Paolo è un giornalista professionista. Ha lavorato per testate come: ViviPino, PinoInforma, Hurrà Juventus, La Nuova, La Nuova Metropoli, Biancorossoancona. Nel 1983, per i “Tipi” di Gribaudi Editore,
ha pubblicato il romanzo breve “Tornare a vivere”, nel 1990 ha pubblicato
la raccolta di poesie “Frammenti d’oziosi pensieri”, mentre nel 2014,
presso Amygdala Editore, ha pubblicato l’e-book “Il destino dei tonni”,
presente in tutte le principali librerie virtuali in internet.
Negli anni ha partecipato ad una ventina di premi letterari, risultando sempre tra i finalisti.
Dal 2000 al 2005 ha fondato, presieduto ed organizzato un premio letterario nazionale: “Il Pinayrano” (narrativa edita e inedita; poesia edita e inedita).
Dal 2013 al 2014 è presidente della Consulta della Cultura del comune di Camerano.
Attualmente sta lavorando al sequel de “Il destino dei tonni”.
“Il destino dei tonni” di Paolo Fileni è pubblicato, anche nella versione e-book,
da Amygdala Editore nel giugno 2014. Lo si può trovare su: amazon.it, ibs.it, bookrepublic.it e LibreriaRizzoli.it
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