Ancora un volto senza tempo

Il celebre artista George Androutsos ad anche membro della Greek Chamber delle Belle Arti partcipando come protagoista a tre importanti mostre collettive, Eplision art gallery, Valut Theatre Plus Vafopoupleio Centervin, vincendo il primo premio in disegno.
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Un’intelligenza creativa particolare che esplora il mondo dell’arte ma anche quello della fisica e della filosofia. Forse è proprio questa la potenza creativa che sprigiona nelle sue opere di cui rioìportiamo imoportanti frammenti.
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George ha partecipato inoltre a 3 mostre collettive:
Eplision art gallery ,Valut Theatre Plus,Vafopoupleio Centervin
vincendo il primo premio in disegno. ll suo progetto aristico è anche selezionato per partecipare alla 9 edizione internazionale della biennale dei disegnatori in Pilsens.
Tra lecuriosità ricordiamo che le sue opere adornano il ponte
della serie televisiva “La Casa di Emma”.

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Professione Lettore

di Marco Monina e Antonio Rizzo
Tratto da nostro lunedì
n. 3 – Libri

Solo delle cause perse
si può essere
partigiani irriducibili
Nicolas Gomez Davilaamaya

A volte ci diciamo che, se tutto il tempo che abbiamo passato a leggere dattiloscritti
di narrativa mediocre o infima, ma qualche volta anche buona e, più raramente,
molto buona, l’avessimo passato a leggere i classici, oggi, quasi quarantenni,
forse non potremmo dominare la letteratura universale ma la tratteremmo con assai
più confidenza di quanta non ne abbiamo.
Leggere dattiloscritti, libri che (forse) saranno: questo facciamo noi che lavoriamo
in editoria.

Vittorio Sereni, nel 1952, rispondendo a un lettore del settimanale Epoca,
disse che il nostro mestiere comporta “la quotidiana dispersione in lavori assunti
non di propria iniziativa, e di rado graditi, per le solite e ovvie ragioni pratiche”: memorabile.

Uno dei nostri maestri, Ferruccio Parazzoli, ci diceva, giusto l’altro giorno,
che “leggere dattiloscritti è un modo per avvelenarsi lentamente e, a un certo punto,
si è talmente intossicati che non ci si capisce più niente, diventa difficilissimo giudicare”.

Eppure la nostra responsabilità sarebbe spaventosa, la storia della letteratura
si fa dopo le scelte di noi editoriali. Quasi mai con la nostra consapevolezza,
ma quasi sempre si fa a partire dalle scelte che facciamo (o non facciamo) noi.
Dobbiamo allora tenerci discosti da tutti quei dattiloscritti che premono,
chiedendoci la decisione che li faccia esistere. Impariamo così l’arte del rifiuto
e ancor più quella della dilazione, della dissimulazione, del rimpallo.
Strategie di sopravvivenza.
Molto spesso non bastano le fatidiche righe iniziali, non bastano le prime due pagine,
a volte devi leggerne cinquanta, di pagine, prima di accorgerti che è un’opera morta
e per cinquanta pagine ha camminato come uno zombie. Camminava ma era morto.
Leggere dattiloscritti, insomma, è come attraversare il deserto, le oasi sono costituite proprio da quelle opere che due righe o due pagine al massimo bastano a far scartare. Allora si tira un sospiro di sollievo. Avanti un altro! Ma quando si è andati avanti,
quando ci si è inoltrati nella sabbia, ogni abbaglio, allucinazione, miraggio è possibile.
Qualcuno di questi miraggi può diventare realtà, celebrata realtà.
Gli altri restano dentro di noi, all’interno della nostra sensibilità di lettori (di dattiloscritti).

Il nostro amico Antonio Franchini su tutto questo ha scritto un libro, si intitola Cronaca della fine e l’ha pubblicato Marsilio. È una lettura da consigliare non solo a chi vorrebbe lavorare in editoria, ma soprattutto agli aspiranti scrittori, a chi i dattiloscritti li spedisce
in lettura.

Eppure. Eppure, c’è anche un’altra verità elementare. Quei dattiloscritti (la scrittura)
molto spesso rappresentano solo un chiuso bisogno, una necessità istintiva, dolorosa, irriflessa, sono solo un atto necessario che non porta niente se non a sciogliere un’oppressione, a sfibrare una pena. Ecco, questo non ce lo dobbiamo mai dimenticare,
o avremmo sbagliato mestiere.

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Lo spazio di un volto senza tempo

“Io di solito disegno facce vagamente con la matita o carbone e carboncino su carta.
Ho scelto questo modo di espressione perché credo che rappresenti meglio i conflitti senza tempo, così in bianco e nero, vuoti e pieni,
il movimento e la staticità si intrecciano continuamente nello spazio dipinto rivendicando ognuno di realizzarla.” cfr. George Androutsos.

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Questo è lo stile di George Androutsos, artista nato ad Atene nel 1976, laureato in Pittura presso la Facoltà delle Belle Arti di Aristotele a Tessalonica.
Il suo modo di mostrare il contrasto tramite procedure di conflitto od armonia verifica
la storicità delle passioni del genere umano attraverso un volto senza nome.
L’anonimato è il focus centrale dei suoi ritratti in cui il viso reso con tratti decisi e sfumati evoca emozioni senza tempo definite dallo stesso artista passioni proprio perchè rappresentate con forte carica emotiva.
Ecco dunque che il volto si scompone e ricompone nl segno fugace frutto di una realtà dinamica il cui vivono emozioni senza volto.

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Un tutto quindi che non vuole mostrare introspezione od altre estensioni psicologiche perché già realizzato, già completo. Ecco dunque che nelle opere di Georgeus possiamo cogliere il senso di sfida che si concretizza nel mistero dell’essenza della vita stessa. Osservando attentamente le sue opere sembra che vogliano comunicarci qualcosa,
il messaggio è criptico forse perchè reso da un volto senza occhi quindi ancora più sfuggente e mistico.

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Lo scintillio

di Umberto Fiori
Tratto da nostro lunedì
n. 3 – Libri

kafka

Se penso ai libri che hanno influenzato la mia vita, la mia storia,
il primo che mi viene in mente è un volumetto di poche pagine, un’edizione per ragazzi della Divina Commedia con le illustrazioni di Doré, che un amico di famiglia mi regalò
per il mio decimo compleanno (1959). Quel regalo fu il primo contatto diretto
(non scolastico, voglio dire) con la poesia, e mi inorgoglì come un’investitura.
Imparavo a memoria terzine e terzine, contemplavo per ore Caronte scarmigliato
sulla sua piroga, Minosse con la corona in testa, la coda avvinghiata ai muscolacci
da lottatore. Di lì a poco (avevo dodici anni) qualcun altro mi regalò gli “Ossi di seppia”
e “Le occasioni” di Montale, nell’edizione dello “Specchio” Mondadori,
che allora (primi anni ’60) era –anche graficamente- splendida.
Tutto mi piaceva in quei libri: i vasti bianchi della pagina, lo spazio tra il titolo e il testo,
i caratteri. Montale me l’aveva già fatto conoscere la mia insegnante di lettere
delle scuole medie (una donna eccezionale che oltre a Omero e Catullo, Carducci
e Pascoli, ci faceva leggere i poeti contemporanei, italiani e stranieri),
ma per la prima volta lo avevo lì, per intero, tutto mio. Dei versi, ovviamente,
capivo quel poco che può capire un ragazzino di quell’età: non c’erano note a soccorrermi, e nulla sapevo di Annetta-Arletta, di Boutroux e compagnia.
A sedurmi, in quel corpo a corpo col testo, era la corrispondenza tra la materia austera
e sensuale delle parole degli “Ossi” (il mio Montale preferito, ancora oggi)
e il paesaggio del Levante ligure, nel quale ero cresciuto. In quelle pagine sentivo
la presenza delle cose più familiari (agavi, scogli, greti, muretti, isole, mare)
vibrare e farsi più vera in una lingua che era la mia lingua, ma come lievitata, radiante.
Il suono e il ritmo di quella rappresentazione, di quella ri-presentazione del mondo,
mi hanno formato da capo a piedi. Se ho un po’ di orecchio, è di lì che viene.
Un altro libro-chiave per la mia formazione poetica è quello “di ferro vestito” di Mallarmé, che avevo scoperto al ginnasio (grazie a un’altra insegnante straordinaria),
ma che mi investì davvero soltanto a vent’anni (1969), quando dovetti preparare
(primo anno di Filosofia; il docente Sergio Antonielli) un esame di Storia della letteratura italiana (il seminario su Mallarmé aveva un solo partecipante: il sottoscritto).
Di fronte alla “Prose pour Des Esseintes”, all’”Après-midi d’un faune” , al “Coup de dés”, letti attraverso Blanchot: “L’éspace littéraire”- ero incantato e sgomento
(ancora oggi li rileggo con circospezione). Incanto e sgomento erano centuplicati dall’incontro, negli stessi anni, con altri libri per me decisivi, ma diversissimi:
quelli di Marx –dalla ”Miseria della filosofia” alla “Critica dell’economia politica”-
che proprio allora la nostra generazione andava riscoprendo.
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Se cerco di ricordare quali altri opere, negli anni successivi, abbiano costituito
per me una svolta, mi vengono in mente soprattutto testi filosofici o parafilosofici:
la “Filosofia nel boudoir” di Sade, “Angelus novus” di Benjamin, la “Teoria estetica”
di Adorno (che funestò la mia giovinezza e i miei conati creativi come un arcignissimo grillo parlante), ma soprattutto “Aut-Aut” di Kierkegaard, che avevo già studiato, naturalmente, ma che solo verso i trent’anni mi si è rivolto.
È stato forse il primo libro che mi abbia dato la sensazione di chiamarmi in causa
non solo in veste di lettore studioso, ma per intero e fino in fondo, come “singolo”
(per usare un termine kierkegaardiano).
Lo stesso effetto mi fecero, pochi anni più tardi, le opere di Nietzsche, di Wittgenstein
(il “Tractatus”, ma soprattutto le “Ricerche filosofiche” e “Della certezza”),
quelle di Heidegger (i “Saggi e discorsi”, “Sentieri interrotti”, “Essere e tempo”)
e di Bataille (“L’erotismo”, i romanzi). Anche in questo caso, si trattava per lo più di libri che avevo accostato all’università, ma sempre attraverso lenti deformanti come quella
di Lukàcs(“La distruzione della ragione”). Rilette fuori dall’ambito accademico
e da un certo contesto politico, in un momento tra i più difficili della mia vita,
queste pagine mi sfidavano, mi trapassavano, mi costringevano a buttarmi nelle domande senza più il paracadute dell’ideologia. Fondamentali per la formazione di un mio ideale
di poesia sono poi le “Fleurs du mal”, che cominciai a rileggere e a tradurre fra i trenta
e i quarant’anni. In Baudelaire mi conquistava, a questa tardiva rilettura,
soprattutto la centralità delle immagini, la costruzione del testo attorno alla semplicità potente di una figura -i ciechi, la passante, il cigno, i sette vecchi-, la concentrazione
del senso in una presenza visibile, in una scena memorabile. Un altro autore riscoperto
in età non più giovane è Kafka: i racconti, i romanzi e –non ultimi- i frammenti filosofici.
Era come se la mia uscita dall’età illusa illuminasse di luce nuova quelle immagini risapute, le riempisse improvvisamente di senso. “Il processo” e “Il castello”, mi insegnavano
la distanza nella quale abitiamo, la scissura che allora mi si faceva sentire
più dolorosamente che mai. Nelle “Indagini di un cane”, nei capricci della topolina-cantante Josefine, le mie inquietudini prendevano finalmente una forma riconoscibile.
Anch’io, come tutti, ero l’uomo di campagna fermo di fronte alla porta della Legge.
I libri da ricordare sarebbero molti altri, dalla “Waste Land” di Eliot alle “Elegie duinesi”
di Rilke, dal “Faust” di Goethe alle “Poesie statiche” di Benn, ma l’elenco rischierebbe
di diventare prolisso e troppo ovvio: come si vede, sono un lettore di gusti ben poco eccentrici. Un lettore “a scoppio ritardato”, di stomaco lento, ruminante.
I grandi libri mi esplodono dentro quando altri li hanno da tempo digeriti e archiviati.
Ancora oggi sento sprizzare, laggiù, la lunga miccia di mille scontatissimi capolavori.
E’ questo scintillio che mi tiene sveglio.

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La processione di Carletto

PRESENTAZIONE DEL LIBRO
“LA PROCESSIONE DI CARLETTO”

Domenica 21 Dicembre, ore 17.00 presso il Teatro Comunale di Castelplanio,
con il patrocinio del Comune di Castelplanio, verrà presentato il libro
“La Processione di Carletto” che racconta per immagini la provocazione artistica dell’artista Simona Bramati e del curatore della realtà Michele Mariano che hanno attraversato l’Italia a piedi in compagnia di due asine, Carletto e Agalma, e del cane Giulio.

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Un’avventura che ha fatto parlare stampa e tv nazionali e fatto impazzire il web, soprattutto Facebook che è presente nel libro tanto da essere definito il primo
“Social Book”. Saranno inoltre presentate testimonianze video girate dagli stessi artisti durante la Processione.
Un anno di lavoro per l’impaginazione e l’editing curato dallo studio Creative Project,
256 pagine e centinaia di foto raccontano l’incredibile viaggio iniziato il 15 Luglio 2013
in Molise e terminato il 13 settembre a Polcenigo in Friuli reso possibile grazie al sostegno di Celant.Tel, Petrolgas e dell’Istituto Marchigiano di Tutela Vini.
1297 chilometri percorsi, 21 notti in tenda, 2500 persone incontrate lungo il cammino, 9 regioni attraversate, 120 pesi e città attraversati.
Questi numeri danno lo spessore dell’impresa compiuta “per decretare l’inizio del cambiamento – come spiega Michele Mariano – attraverso un’azione artistica forte
volta a scardinare l’immobilismo del mondo artistico italiano”.
Quello che la Processione di Carletto ha attraversato è scritto nel libro,
quello che ha cambiato nello spirito dei due artisti sarà raccontato oggi a Castelplanio.

Processione Carletto
Nella foto: Simona Bramati, Michele Mariano, Carletto, Agalma e Giulio.

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Mauro Luminari
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LYRICS FACTOR – La lirica va in scena

“Commedia Lirica”

di Gianpiero Ruggieri, Giacinta Nicotra, Meri Piersanti , Rosita Tassi

Uno stravagante impresario alla ricerca dell’ “affaire musicale del secolo”:
cantanti bravissimi e professionali, bizzosi e originali, in cerca di ingaggio dopo i tagli
alla cultura, una commissione di “esperti” alle prese con il LYRICS FACTOR dei cantanti
e la scelta dell’opera da mettere in scena per incontrare il favore del pubblico….
Un ensemble di musicisti professionisti che accompagna dal vivo le “audizioni” …
e poi ballerine e vallette (offerte “in omaggio” all’impresario con l’ acquisto dei musicisti)
che introducono secondo il loro “particolare” punto di vista le opere da cui sono tratte
le arie ed i duetti eseguiti dai cantanti…
Il tutto condito da una buona dose di humor, allegria, professionalità, buona musica
ma soprattutto tanto amore per l’arte e per la nostra tradizione musicale ed operistica
e la voglia di farla godere anche al pubblico più inesperto e diffidente.

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Lo spettacolo, nasce dall’idea di alcuni professionisti nel campo della musica classica
e del balletto di unire le proprie forze per produrre uno spettacolo investendo ciascuno
nel valore della propria professionalità , a costo zero, perché possa essere rappresentato
nei numerosi piccoli teatri “bomboniera”di cui è ricca la regione.

L’entusaismo degli artisti promotori ha trovato poi il sostegno di importanti partners
(Il comune di Serra De’ Conti , in primis, Roberto Piergiovanni per il service audio-luci, Francesca Luzi, pittrice, Claudio Fenucci per la scenotecnica) che hanno offerto
la propria collaborazione amichevole per la buona riuscita di questa coraggiosa iniziativa.

All’interno della “cornice” che racconta la storia dell’impresario folle e dei cantanti
alla ricerca del successo , verranno eseguiti dal vivo, attraverso apposite trascrizioni
per ensemble di archi , flauto e pianoforte, le più belle arie d’opera e piéce strumentali:
Donizetti da L’Elisir d’Amore Udite,O Rustici
Haendel da Giulio Cesare  Lascia ch’io pianga
Verdi da La Traviata – Sempre Libera
Donizetti da L’Elisir d’Amore Una Furtiva Lagrima
Bizet da  Carmen – Chanson boheme (strumentale)
Puccini da La Boheme – Valzer di Musetta
Puccini da La Boheme – O soave fanciulla
Mozart da Il Flauto Magico – Pa-pa Pa –Pa Pa
Rossini da Il Barbiere di Siviglia  – Largo al Factotum
Verdi da Rigoletto – Bella figlia dell’amore
Bach Badinerie

I PERSONAGGI e gli Interpreti:

L’IMPRESARIO – Gianpiero Ruggieri – Baritono

IL SOPRANO I – Giacinta Nicotra – Soprano
Il SOPRANO II – Rosita Tassi – Soprano
IL TENORE – Nunzio Fazzini – Tenore

L’ESPERTA – Sandra Pirruccio – Flautista, Docente di Conservatorio

LA PIANISTA – Meri Piersanti
Il VIOLINO – Simone Grizi
LA VIOLA – Cristiano Delpriori
IL VIOLONCELLO – Nicolino Chirivì
Il FLAUTO – Francesco Chirivì

LA BALLERINA – VALLETTA – Valentina Di Sante
LE BALLERINE – Claudia Moretti, Jessica Cardoni

ARRANGIAMENTI MUSICALI: Andrea Chirivì

SI RINGRAZIANO:

– IL COMUNE DI SERRA DE’ CONTI
nelle persone del SINDACO e dell’ASSESSORE ALLA CULTURA, G.Fracascia,
per la disponibilità del teatro e la collaborazione organizzativa e pubblicitaria

– CLAUDIO FENUCCI
per la collaborazione organizzativa e sceno-tecnica

– FRANCESCA LUZI, pittrice
per i teli scenici dipinti a mano

– ROBERTO PIERGIOVANNI- ROAD SHOW
per la fornitura di luci e materiale audio

– GIULIA GIACANI di Pubblicità Centro Italia
per la costruzione e realizzazione del Logo

 

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OPS, SPOPS! Sapori a colori

ORE 21,00 COMPLETODomani al centro di Bari, prenderà vita un “posto” pieno di sapori a colori! Dalle ore 10.30 verrà inaugurato SPOPS, un fruttivendolo dove poter fare la spesa tutto il giorno, tutti i giorni; un bar dove la colazione e il pranzo saranno una piacevole sosta, e la sera ci saranno atmosfere tutte da scoprire; il ristorante a cena, una vera “esperienza spops”. Infine i colori dei fiori e degli artisti che hanno impressionato le nostre pareti. …dal mercato, nasce e si sviluppa l’idea SPOPS. I mercati, luoghi di incontro e di scambio, di profumi e di colori, di prodotti della terra, di fruttivendoli e di tradizioni, di detti popolari; un posto per tutti. Questo è Spops, un posto da vivere, un posto da “utilizzare”. L’idea SPOPS parte da semplici negozi di frutta e verdura e si sviluppa creando attorno agli stessi un’attività di caffetteria e di ristorazione le cui proposte [menù] saranno strettamente legate ai prodotti forniti dallo stesso negozio di frutta e verdura. Nasce così, un’attività di ristorazione molto vicina ad un’idea “vegetariana”, quindi ad un modo di vivere più sano, più sostenibile e slow. ORE 21,00 COMPLETO Lo stesso giorno verrà inaugurata anche NATURA*NATURANS wall-paintings d’arte contemporanea in mostra permanente a cura di Grazia De Palma

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