Tempi e luoghi diversi

Dal nostro lunedi – semestrale di scritture immagini e voci ideato e coordinato da Francesco Scarabicchi e Francesca Di Giorgio.

Prima serie Città numero cinque – marzo 2005

10B-Adami-Le-Mur

Una pittura malinconica. Il mio primo ricordo musicale: la banda che accompagnava il funerale di Marconi a Bologna. Confessione di un vetro rotto con la fionda. Nel rifugio, tutta la famiglia insieme che suonava concertini. Nella casa accanto c’era la Gestapo. Le foto sconce scoperte dall’amica di casa alla toilette. I pomeriggi al cinema per la luna di miele etc. Barcellona. Miró scrive tutto sul suo piccolo notes. Mi prende da parte – “vermeil” va bene solo per andare a Parigi a comperare i colori chez Lefebvre Foinet.
Arona. Lacustre amore mio. Luogo tracciato di domande e risposte. Il disegno è un’occupazione letteraria, la lettura è compito degli occhi. Un disegno deve dare tutte le informazioni su se stesso. La mano segue un suo percorso che si distacca da noi, mossa da un’energia che si trova nel segno stesso e che si rivolge, alla fine, contro l’autore. Si abbandona un disegno quando si pensa ad aggiungere la parola fine – la linea d’arrivo sono dei puntini di sospensione.
Sono a Ferrara, nell’Officina dei Mesi, fra monache in gruppo e il San Giorgio dipinto in volgare. I quadri si confondono se osservati da vicino, e la forma trova chiarezza da lontano. Ma se ne perde il palpito e il respiro.
Viaggiare & cancellare subito le impronte del viaggio dal disegno, passare dall’emozione alla forma, l’emozione del viaggio non conosce la forma. Viceversa, la forma conosce sempre l’emozione. Ossia, la forma definisce l’emozione e alla fine di quel che si vede ritorna l’emozione del viaggio.
Città del Messico. Il pilota avviava il motore del Dakota. Abiti di marca americana etc. Portavano tutti camicie a fiori, inzuppate del sudore dell’atterraggio in quel caldo umido. Campi di pelota desolati, hotel senza vetri. Chori scriveva il suo nome sulle strade, alle finestre, sui muri, sui taxi etc. Finalmente una farmacia. Apply freely with gentle massage. Occupiamo la suite sul ponte. Interno coloniale etc.
Los Angeles. La vegetazione invade la mia stanza. È troppo tardi per attraversare il parco di notte. “This is the house of the famous professor Einstein”. “Avete un appuntamento?”. “No, ma vorrei leggere le sue lettere. Mi dica, aveva il suo laboratorio in cantina o in soffitta?”. Ingrandita, la foto di Einstein che mostra la lingua; disegnerò la torre di Einstein e Einstein in barca sul lago…
New York. Il televisore dell’hotel non vuole funzionare. Le mie proteste sono inutili. Viene il tecnico, intasca la mancia e tutto è come prima. Passo la mattina a spostare l’antenna, teorizzandone la direzione sullo spiraglio tra un grattacielo e l’altro, ma poi salta tutto, l’immagine gira e si sdoppia e si sgrana in una trama di puntini informi (ne prendo delle fotografie), poi ritorno a disegnare sul tavolo da gioco che ho incastrato nel vano della veranda. La città cresce sulla propria distruzione, si deposita inesorabilmente sulle sue rovine etc. I radiatori dell’Algonquin si svegliano presto, all’alba, con suoni di campane…
I pomeriggi al cinema Orfeo etc. Il ping-pong etc. Componevo un numero a caso al telefono e mettevo la nona di Beethoven. In Accademia di Brera, a Milano, parlavamo solo di Apelle & Parmenide. Ci pensavamo in Atene.
Baghdad (aeroporto). Siamo sotto i ventilatori per il caldo torrido. L’imbarco è in piena notte. L’arabo della dogana con le matite colorate nel taschino confisca le macchine fotografiche.

10A-Adami-foto

Cori di donne velate, sedute per terra etc. Bombay. Su una stuoia a dormire nel patio. Qui nulla è infantile. Ogni luogo si esprime per segni esistenziali. Elefanta. La forza si capovolge, i muscoli non appaiono. L’emozione esprime un giudizio? Eppure la meccanica dovrei conoscerla, ma i dati che usiamo per capire sono una questione di cultura. Colori puri e castità ovunque. Ahmedabad. Nell’ashram di Gandhi ci togliamo le scarpe. Foto sul fiume, vento, pratiche di meditazione? Usciamo dalla città seguendo il Sabarmati. Piccoli viaggi in cammello. Al guado del fiume incrociamo un’altra carovana. La vita dei campi, strati su strati etc. Un’esperienza fisica e metafisica senza bagagli. Le mie nozze con l’India.
Zurigo. Grande incontro con gli Hodler. Radici montane della pittura, dispositivi simbolici, chiarezza del dolore, anatomie di Dürer etc. Qui l’erotismo sta nel corpo del quadro. Rothko ante litteram. Dove lo stile di un’epoca non è il vestito delle idee, ma la giustezza del loro meccanismo.
Copenhagen. Se il giorno è dei toscani, la notte è qui, nel nord. Quando l’aereo atterra, al freddo sole luccicano le stele di un cimitero. Le Foglie di Corelli etc. Penso a Thorvaldsen a Roma, con Mendelssohn fra temi antichi e moderni, ai Nazareni etc. New York. Capricci a New York. Le chimere della Public Library. Prélude. Sono venuto per disegnare. Come un credente che ogni giorno recita la stessa preghiera, io ripeto i riti del disegno. La sera, sul ponte di Brooklyn volano gabbiani, un primato dell’arte, il dominio della signoria sulla natura. Disegno, fortissimamente disegno. Minneapolis. I filantropi non pagano le tasse. Art Center. Vi si può incontrare Dante dipinto da Vasari. Considerazioni sulle virtù classiche etc. Pittura che riguarda l’uomo, l’uomo e il suo nudo, disegno che svela il corpo etc. Passato e futuro equidistanti. L’arte moderna ha imitato il primitivo e si è illusa di rompere la spirale di una decadenza, ma non vi ha fatto luce e l’orizzonte è rimasto buio. L’angelo Raffaello riapparirà un giorno, quante cose da chiedergli, quante nuove passioni nell’antico.
Recherche de paternité nei cartoni di Appiani (al Louvre), l’illusione di venire fecondato, la scimmia dei classici con noi, lo spirito dipinto.
Chichen Itza. La cosa più straordinaria è che questa città, dove tutto era segno dell’eterno, venne periodicamente abbandonata. Spazio immobile nel tempo che sembra trovare il suo opposto etc. La piramide appare come un rito degli astri, corpo metaforico, atto del concepire, riscatto alla morte, calendario di se stessa, culto, maternità, città, infinito etc., e la pelota come fonema supposto nel pieno di un gioco acustico. Vertigini ripetute al tramonto etc. En route. Tlacochalmaya e Ciulapam. Viaggio in treno fino a Mexico.

10C-Adami-Banaras,Paesaggio-copia

Rientro a Parigi, nella luce raccolta di rue Becquerel. Vorrei esser un pittore di cieli sereni, ma i primi contrasti vengono da lontano, ricordo colori e profili nelle storie d’infanzia. L’orso che balla etc. Ci si libera del passato nella conoscenza del pas­sato. Disegno mani con il tratteggio dell’affresco, a punta di pennello, e resto a lungo in bottega a studiar l’esecuzione. (“Far pari all’antico il secol nostro”).
Sulla Acropoli una folla spinge e calpesta un sogno. Torneremo in una notte di luna piena. Atena piantò l’olivo sull’Eretteo, fu eletta fra le donne, ma la prole perse il nome della madre. Estasi per il Kouros, muovendogli intorno come le lancette dei minuti. Io domando: ”Hai visto il divino?”. Passiamo l’istmo. L’Omphalos di Delfi e la fonte Castalia, sacra alle muse, si depositano nel ricordo – e lo sguardo di Adamo nei gemelli di Argos. La sera le ombre si disegnano sulla rupe, Hyampeia, tomba di Esopo, uno scorcio del teatro alla roccia di Sibilla, un contratto con la Grecia, un pensiero in più… etc. “Così, metafora nasce da Delfi”, dove parla di fenici e chimere, immagini composte di oracoli, di sensi diversi.
Londra. Una lettura da cartografo della Deposizione di Michelangelo (National Gallery). Avvallamenti e rilievi dei corpi nella geografia del quadro. Un tessuto di tratti ne regola il colore. Il fondo degli angeli preparato di verde, a pennello rotondo etc. Per tutte le sale la forma rincorre il significato, e il significato la forma.
Madrid. Scrivo dopo il Prado. Il disegno è sempre stato l’ouverture della pittura (o il gran finale per la scultura). Ma, quando l’arte non ha spazio per pensare, non fa più uso del disegno e persuade alla fede con le ombre.
Tokio. Una linea di rigore. Natura e pittura sono qui totalmente sottomesse. In Occidente, tra linee, sfumati e chiaroscuri, è la volontà etc. del disegno che guida la mano. Kyoto. Gran parte di quel che gli occhi vedono è spesso inutile, dobbiamo scegliere tra i riti del vedere a occhi aperti e i riti del vedere a occhi chiusi. Il tattile appare nello stesso tempo nel segno e nel colore.
Tel Aviv. Shalom, Shalom, con un pulmino dalla troppa aria condizionata e fra una calca di strade e autostrade gremite d’auto, il venerdì saliamo a Gerusalemme e alle sacre montagne, poi scendiamo nella depressione del Mar Morto. “Mia povera Palestina” ci dice uno straccione. “Ci han­no portato l’acqua nel de­serto e i beduini si sono fermati. Due figli su tre sono alla scuola d’ob­bligo e con il terzo costruiamo bidonville”. Le fabbriche di Havan vendono il fango in sacchetti, e noi ci bagniamo allo stabilimento. Eclisse di luna a Jaffa. Escursione al mar di Galilea, nel Golan verso la Siria. “Questi alberi li abbiamo piantati perché i cecchini non ci vedessero”. Film sul sacrificio di Isacco, poi visita agli scavi di Beit Shean. Principato di Monaco. Un raga del mattino. La mia iniziazione all’India è alla lettura di Ananda Coomaraswamy che la devo – da allora il mio pensiero cambiò forma.

10D-Adami-Il-guado

Viaggio nelle Marche. A Fermo, visita al vecchio palazzo AR + la tomba di Campofilone – tappa a Recanati – i polittici di Crivelli in Ascoli & Montefiore, dove la linea, nel corpo e fuori, è la traccia che afferma la “volontà”.
L’incontro a Venezia con il Prometeo di O.K. è stato, per quel ragazzo che ero, la rivelazione di come la pittura poteva così ricongiungersi alla filosofia, il disegno analitico e la figurazione sono forme del pensiero, le sfide al vedere, quella nuova pedagogia per l’educazione dei nostri occhi. La speculazione del disegno sta nel rivelare quel segreto che si nasconde nella forma delle cose, a prima vista inespresso etc.; dove il segno, silenzioso o retorico-rituale del contemplare svela i ritmi, le pause, i frammenti, le associazioni, le metafore, tutto quel che desta la nostra devozione. Meina. Giorni interi passati sui disegni, a cancellarne ogni traccia mondana. (Confrontarsi con l’utopia è un modo per conoscere la verità): Tutti questi disegni  non sono che i frutti di stagione dell’albero che siamo. Disegni senza ombre e senza angosce, dove luce & buio stanno insieme racchiusi nella linea. Ci sono piccole chiavi nella forma chiusa, che muovono il tutto. Un quadrato, variando l’apertura di un angolo, cambia di nome e di aspetto. (Ogni forma tiene uno scheletro nascosto nell’armadio…). Io uso di questa linea chiusa ma, a volte, devo aprirla e rompere quel vaso di coccio. La verità è nascosta dentro (il colore mi aiuta – aspirazione del pittore). I quadri sono i “pezzi della partita”. Con il disegno si monta e rimonta il senso di quel che vediamo e l’occhio ne gode al gioco. Ma infine chi rompe il vaso sta fuori di noi – noi “artisti” eseguiamo solo l’ordine di farlo. Giorni di accanimento da un disegno all’altro: siamo presi per mano. Ed è la grazia – tradizione ed esperienza ingombrano la strada, talento & conoscenza portano il disegno sulla soglia…
Valerio Adami

info@nostrolunedi.it
www.nostrolunedi.it

Infowww.liricigreci.it
info@liricigreci.it

MOSTRA D’ARTE SANTI ED EROI

 Pittura sacra e profana a Civitanova Marche Alta
dal 24 luglio alle ore 19:00 al 27 settembre 2015

chiesa

“Santi ed eroi. Pittura sacra e profana a Civitanova” non è una delle tante rassegne d’arte, ma una esposizione di significativa importanza, sia per lo studio e la conoscenza degli artisti trattati e dei temi figurati nei dipinti, sia quale modello per altre rassegne del genere che si dovrebbero promuovere in molte città della nostra regione detentrici di un patrimonio di grande qualità, il più delle volte poco conosciuto e poco valorizzato. La mostra nasce da un’attenta indagine dell’ingente patrimonio pittorico disseminato nei palazzi pubblici, nelle ex chiese ed ex conventi di Civitanova Marche. Tele di soggetto sacro e profano, databili fra il XV secolo e i primi anni dell’Ottocento, per la prima volta vengono offerte al pubblico godimento e studiate da un affermato gruppo di storici dell’arte come: Stefano Papetti,Università di Camerino; Silvia Blasio, Università di Perugia; Mario Alberto Pavone, Università di Salerno; Enrica Bruni, Direttore Pinacoteca civica Marco Moretti; Giuseppe Capriotti, Università di Macerata; Gabriele Barucca, Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio delle Marche.

 Presso Auditorium di Sant’Agostino Civitanova Marche Alta (MC),
 Info e orari:
dal  4 luglio al 2 agosto, ore 18,00/24,00
3 agosto 6 settembre sabato e domenica ore 18,00/23,00
dal 7 al 27 settembre sabato e domenica ore 17,00/20,00
Biglietti
Ingresso €2,00 Fino a 14 anni e diversamente abili ingresso gratuito.
Il ricavato sarà destinato al restauro della tela settecentesca
“Estasi di S. Giuseppe da Copertino”

www.futurafestival.it
Civitanova Marche (MC)
Corso Annibal Caro (62012)
+39-0733892650

www.liricigreci.it
info@lirici.it

 

GERMINAZIONI

“Germinazioni”

Dal 17 luglio al 31 ottobre 2015

Melodia arcana -

Attingendo al ricco patrimonio dei Musei civici, la mostra “Germinazioni” annoda alcuni fili presenti nel percorso dell’arte moderna recentemente allestito  a Palazzo Buonaccorsi ricreando l’atmosfera di alcune stagioni culturali nelle quali, dalla fine degli anni Sessanta, l’istituzione comunale  ha intensamente operato in direzione del confronto  e a sostegno della ricerca nelle arti visive.. Attraverso la messa in luce di personalità diverse per generazione e per formazione, accomunate da una salda visione della contemporaneità e altrettanto fortemente partecipi del vissuto locale,  la mostra amplifica e arricchisce la percezione di quel ricco humus culturale che connota a tutti gli effetti la realtà maceratese. E’ interessante notare come, in modo del tutto analogo all’impostazione data alla sezione novecentesca del museo, l’esposizione proceda “per mostre”, attraverso una scelta mirata all’interno della lunga sequenza che muove dalla Brigata amici dell’arte, fa riferimento all’attività militante guidata dal critico d’arte Elverio Maurizi e dai curatori negli anni Settanta e Ottanta, e ripercorre le successive proposte, scaturite da una feconda dialettica con l’Accademia di Belle arti e con il territorio, fino agli anni più recenti. Il tema del radicamento e delle sue molteplici e sotterranee germinazioni da dunque da guida all’intera riflessione.

Le opere in mostra sono di:
Alfredo Alimento, Sirio Bellucci, Carlo Bruzzesi, Alfonso Cacchiarelli, Pietro Capozucca, Valeria Ciaffi, Egidio del Bianco, Tonino Ferrajoli, Francesca Gentili, Paolo Gobbi, Carlo Iacomucci, Mauro Mazziero, Marina Mentoni, Ermenegildo Pannocchia, Giulio Perfetti, Riccardo Piccardoni, Sirio Reali, Giovanni Scagnoli.

“Germinazioni”
dal 17 luglio al 31 ottobre
Musei civici di Palazzo Buonaccorsi
Via don Minzoni 24, Macerata
Orari: luglio e agosto 10 -19, settembre – ottobre 10 -18, lunedì chiuso.
Nei giovedì di luglio e agosto la mostra e i musei restano aperti fino alle 23.
Info: 0733.256361 – www.maceratamusei.it –  info@maceratamusei.it
La visita alla mostra è inclusa nel biglietto di ingresso ai Musei civici
Intero 3 euro
Ridotto 2 euro

16)-Iacomucci- L'albero della Vita-acquaforte-mm.300x200-2012

www.liricigreci.it
info@lirici.it

Lo sguardo di Massimo

La creatività nel quotidiano di Massimo Dolcini
Fotografie ceramiche disegni

a cura di Ludovico Pratesi
Pesaro, Centro Arti Visive Pescheria
18 luglio – 4 ottobre 2015

LO SGUARDO DI MASSIMO invito

Sabato 18 luglio alle ore 18.30 si inaugura presso il Centro Arti Visive Pescheria, Lo sguardo di Massimo, una mostra dedicata alla figura di Massimo Dolcini (1945-2005), curata da Ludovico Pratesi, che intende analizzare i diversi aspetti della personalità di Dolcini, grafico tra i principali innovatori della comunicazione sociale e culturale italiana, nota come “grafica di pubblica utilità”, tra gli anni Settanta e Ottanta. La mostra è promossa dal Comune di Pesaro/Assessorato alla Bellezza e Sistema Museo, in collaborazione con i Comuni di Urbania, Urbino, Fano, l’Accademia di Belle Arti di Urbino e l’Istituto Tecnico Commerciale “Donato Bramante” di Pesaro.

Grafico, comunicatore, designer ma anche pittore, collezionista, ceramista, insegnante, viaggiatore, cuoco e appassionato di cucina: per la prima volta la personalità complessa e labirintica di Dolcini viene presentata a 360 gradi, mettendo in luce aspetti sconosciuti o poco noti, attraverso una mostra suddivisa in due parti all’interno degli spazi della Pescheria, che alterna momenti spettacolari e di impatto visivo con situazioni più intime e riflessive. Più di trecento opere tra fotografie dipinti, acquarelli, ceramiche e manifesti documentano il Dolcini privato e più segreto. La mostra comincia nel Loggiato, dove l’allestimento si articola in tre moduli geometrici (che riprendono i segni grafici caratteristici di Dolcini) con una struttura a croce, che intendono rievocare la “x”, logo degli studi professionali del grafico mantenuto nel corso del tempo. Ogni modulo è dedicato ad un aspetto della personalità di Dolcini, per ricostruire il suo sguardo rivolto al mondo e al suo tempo. Frammenti di vita pubblica e privata, accompagnati da una timeline a parete che ricostruisce i momenti salienti della vita di Dolcini, con riferimenti al suo lavoro, alle sue passioni, alle forme della sua creatività nel quotidiano.

Lo spazio della vita
Il percorso espositivo si apre con un dipinto legato all’attività di pittore, praticata nella sua prima giovinezza e poi abbandonata. Un’immagine surreale e fantastica mai esposta al pubblico, che indica già la qualità del suo sguardo, originale e caleidoscopico fin dall’adolescenza. Una passione che ritorna in età adulta attraverso una serie di acquarelli esposti in mostra. Il primo modulo, dedicato alla fotografia ‘d’autore’, riunisce una serie di immagini personali inedite legate alla vita quotidiana e professionale di Dolcini: ritratti e autoritratti, paesaggi e luoghi, amici e allievi colti con un occhio soggettivo e originale. Il secondo propone documenti fotografici – ugualmente inediti – realizzati per finalità legate alla sua attività comunicazione che tuttavia offrono uno sguardo partecipe e talvolta amabilmente ironico sui personaggi, le iniziative, la vita pubblica della comunità pesarese degli anni ’70.

Il reportage sulla Persia ritrovato
Di grande interesse e di alta qualità fotografica è la serie di stampe a colori da diapositive 6×6 scattate in un viaggio della metà degli anni ’70 con il grafico Michele Provinciali. Si era trattato di un lavoro commissionato a Dolcini dallo stesso Provinciali con la finalità di ricavarne un volume a cura di Provinciali e Spotorno editori, a seguito del precedente volume – Iran. L’alba della civiltà – uscito per gli stessi tipi nel  1972. Il soggetto della ricerca erano i bazar e gli spazi di vendita  delle varie tiopologie di artigianato ancora praticate in Iran. Il volume non fu realizzato, ma resta questo splendido patrimonio di immagini inedite di cui si offre nella mostra una nutrita selezione.  

Tra i due moduli, un elemento circolare riguarda invece la dimensione del Dolcini collezionista di ceramica popolare e ceramista lui stesso: due aspetti che testimoniano il suo interesse per l’oggetto d’uso artigianale e la sua possibile contiguità con il design, documentati da una selezione di ceramiche della sua raccolta privata ed una campionatura di quelle da lui realizzate.

Lo spazio del lavoro
Alle pareti della chiesa del Suffragio si dispiega una selezione della produzione grafica di Massimo Dolcini: un corpus di manifesti murali – circa 70 – che documentano la sua attività per i committenti più diversi – istituzioni, enti, imprese attivi nella città, oltre al Comune di Pesaro, per il quale ha lavorato a partire dagli anni Settanta. Lo spazio del Suffragio ospiterà incontri, tavole rotonde e attività pubbliche legate alla figura di Massimo Dolcini, per l’intera durata della mostra (toglierei l’intera frase, la info è ripetuta sotto nelle “attività collaterali).

Il giornale della mostra
Un giornale di mostra conterrà testi e immagini che approfondiranno la figura e l’opera di Dolcini. La pubblicazione sarà offerta gratuitamente ai visitatori.

Le attività collaterali
È previsto un programma di attività collaterali, sia all’interno della mostra che nella città di Pesaro, per l’intera durata dell’evento, dedicate ai diversi aspetti della personalità di Massimo Dolcini.

Schermata 2015-07-15 alle 16.07.10

La mostra è realizzata con materiali prestati da privati e la collaborazione di CDPG Aiap – Centro di Documentazione sul Progetto Grafico, di AIAP-Associazione italiana design della comunicazione visiva, dell’Accademia di Belle Arti di Urbino e dell’Istituto Tecnico Commerciale “Donato Bramant”e di Pesaro.

Note biografiche
Massimo Dolcini era nato a Pesaro il 3 luglio 1945. Ha iniziato la professione di grafico nel 1969, anno in cui si è diplomato al Corso Superiore di Arte Grafica di Urbino, dove è stato allievo di Albe Steiner e di Michele Provinciali. Due maestri che hanno saputo insegnargli il meglio delle loro esperienze e della loro visione del mondo. Dal 1969 al 1984 ha insegnato a periodi alterni nella città urbinate, Fotografia e Grafica presso l’ISIA (1969-74) e Fotografia presso l’Accademia di Belle Arti (1974-84). Nel 1971 ha avviato con il Comune di Pesaro un rapporto di consulenza che ha costituito, per quel periodo, un caso unico in ambito internazionale di progettazione dell’immagine di una amministrazione locale. Sin dagli inizi il lavoro di Dolcini e dello studio Fuorischema si è infatti caratterizzato per la specializzazione nella grafica di pubblica utilità (la denominazione è di Albe Steiner), fornendo prestazioni ad enti locali, partiti politici, organizzazioni sociali e culturali. Nel 1981 Fuorischema, affiancato per un breve periodo da M&M, ha iniziato ad acquisire come clienti aziende private, con consulenze d’immagine di natura complessa. L’operatività di Dolcini e dei suoi collaboratori si è aperta ad un campo professionale più allargato e a nuovi strumenti, mutuati dalle agenzie di comunicazione, iniziando un percorso che ha portato, nel 1992, alla nascita di Dolcini associati srl. Dolcini e le sue strutture hanno partecipato a numerose e prestigiose mostre di grafica in Italia e nel mondo e i loro lavori nel campo della comunicazione pubblica e d’impresa sono presenti in raccolte museali, cataloghi e riviste specializzate, nazionali ed internazionali.

LO SGUARDO DI MASSIMO
La creatività nel quotidiano di Massimo Dolcini / Fotografie ceramiche disegni
Centro Arti Visive Pescheria, corso XI settembre 184, Pesaro
18 luglio – 4 ottobre 2015
Inaugurazione sabato 18 luglio h 18.30 > Ingresso libero con card Pesaro Cult
h 17.30 – 22.30, chiuso lunedì / 1- 31 agosto > h 17.30 – 22.30, tutti i giorni
Ingresso libero con card Pesaro Cult
INFO T 0721 387541 pesaro@sistemamuseo.it
www.pesarocultura.it / www.pesaromusei.it
UFFICIO STAMPA Alessandra Zanchi M 328 2128748
info@presszanchi.com / press.zanchi@gmail.com / www.presszanchi.com

MDolcini_Paesaggio-invernale-b

www.liricigreci.it
info@liricigreci.it

MIRABILIA / TERRABILIA URBIS

Dal nostro lunedi – semestrale di scritture immagini e voci ideato e coordinato da Francesco Scarabicchi e Francesca Di Giorgio.

Prima serie Città numero cinque – marzo 2005

Quella sorta di elevazione rocciosa, ora collina, ora montagna e ora depressione che costeggia il Mare Adriatico da Numana ad Ancona, tocca la sua massima altezza ed imponenza proprio intorno e sopra la baia di Portonovo. Poi gradualmente corre verso il nord e si frattura, si sgretola e riprende il percorso serpentiforme allontanandosi o correndo verso il mare. Ora scoglio, ora cròda dolomitica, abbassa e rialza la testa in un andirivieni di sinuosità e articolazioni da sembrare il percorso di un gioco o di una pista circense. L’estrema propaggine a nord si conclude dopo l’ennesima subsidenza (ove é quasi depositato un Anfiteatro di Roma) e come un residuale sussulto, alza la testa fiera divenendo colle e poi scivola definitivamente nel mare, concludendo il suo affannoso ansimare.Questa sorta di montirozzo, quasi un terrazzamento naturale ove si ammira il circostante mare, le belle insenature portuali e più lontane le collinette dell’entroterra, è stato da sempre corteggiato dall’uomo perché dall’alto poteva meglio ostentare, controllare e vigilare; dominare e soprattutto essere individuato. Ma é curioso che questo Colle Guasco non diverrà mai un baluardo di guerra catafratto, ma un baluardo di fede e di spiritualità. Intanto ospiterà i primi insediamenti neolitici ove sorsero capanne tra canneti e fitta vegetazione. Ora si costruisce e poi si abbatte, per poi ricostruire e demolire e il Colle appare come una sorta di sandwich ove si aggiunge fetta sopra fetta: arrivano i siculi e costruiscono, arrivano gli umbri e abbattono, arrivano i siracusani e riprende il lavorìo di un Tempio. Poi é la volta di Roma Repubblicana e quindi Imperiale ed ecco sorgere il Tempio di Venere Eupléa che risplende nel candore dei suoi marmi e beneaugurante conforta il transito dei naviganti. Scendendo verso la spianata del piccolo golfo ecco prolificare una città di mare austera e splendida, ricca e laboriosa. Corredata da servizi portuali e mercantili, abbellita da presenze monumentali: Traiano la volle funzionale e strumentale per i suoi viaggi puntati nella terra di Dacia. I cristiani distruggono il Tempio catulliano ed erigono chiese dedicate ai santi martiri sino al capolavoro architettonico della Cattedrale dedicata ad un santo d’oriente. E sotto, la città si trasforma e si uniforma a nuove esigenze e nuovi stili. Dilata la città e si espande rivestendo l’intero arco della insenatura per poi risalire una nuova collina lambìta da vigne, frutteti e orti. Una splendida città, quindi dalla perfetta tramatura urbanistica, come si usava fare nei buoni tempi antichi. Ancona: ex piccola e grande “Mirabilia Urbis”. Questo é quindi lo scenario e il fondale scenografico di un presunto accadimento onirico che desidero raccontare. Osservo, in una notte senza luna, il laborioso brulichìo delle luci lontane come fosse un rappreso svolo di lucciole vacanti in sosta. Il profilo della collina frontale sembra ritagliato da un cartone nero che si adagia sopra un cielo nero. Dietro, come incassata in una fossa lambìta dal mare sembra ardere (ma forse é soltanto un’impressione) una città e un purpureo bagliore di lucciole impazzite sale lentamente verso il cielo diffondendo come il morbo di una luminosità anomala e malata. Il bagliore, ora sanguigno, sale come un bubbòne infetto e il fumòne assume la parvenza di un corpo informe che rotola, ruota, scavezza, s’inalbera e s’inchina. E salgono spirali come colpi di frusta che, spruzzi e sprazzi di fuoco, farebbero pensare ad un inquieto spettacolo pirotecnico. I colori, ora non più classificabili, incendiano se stessi e la combustione diventa una scodinzolante foresta in fiamme. Lingue sottili e nervose leccano il cielo e coriandoli di fuoco disegnano veloci e indefinibili figure. Una fiamma (o un assembramento di fiamme) particolarmente grassa, si dilata e si contorce, scalcia, scornazza, scodinzola e nel travaglio muggisce, soffia e rantola, s’impenna e si arrovella e par stringere la mascella e gonfiarsi. Quindi un conàto di getti – come surge – si divide in rivoli capillari, tentacoli come braccia annaspanti in cerca di una preda. Ora l’immagine fa pensare ad un enorme pino disseccato e incandescente che ha fremiti e sussulti, si contorce e scorruccia, ma parrebbe aver toccato, come un orgasmo conclusivo, il vertice estremo di uno spettacolo insolito dal quale, assai terrorizzata (come formicaio disorientato) fugge al galoppo una enorme chiazza nera che scivola sulla terra provocando come un fruscìo che squittisce: enormi topi surmolotti si precipitano lontano cercando scampo e rifugio sulle colline. Poi, finalmente la procella prende fiato, palpita, riposa, si placa, stramazza e s’ingorga a pioggerella sopra la città che é come una padella. Un residuo soffione si alza mulinando e tra vapori e ceneri borbottando si estingue a poco a poco. Se non fosse per qualche secco scricchiolìo, nessuno si sarebbe accorto del lento inarrestabile scivolar della chiesa dal monte, che slitta, frana, sdrucciola e si sbuccia, s’accartoccia, si smonta e s’inginocchia. Come una prua al varo, s’infila in acqua nell’atto di salpare e lentamente, come in agonìa, s’innabissa in fondo al mare. C’é qualcosa che induce a non rassegnarsi: la scena popolata da muggiti e gorgoglìì, più che di rumori, non ha avuto testimoni. Tutto intorno é silenzio. La città é deserta. Gli ultimi bagliori di fioca luce scompaiono dietro la collina di cartone nero e gradualmente una notte cupa si ricompone nella sua normalità di una normale notte senza luna. Il mattino seguente, forse per pudore, nessuno parla di quanto è accaduto (o così é parso) nel corso della notte. E io temo persìno di chiedere in giro se sia mai realmente accaduto qualcosa di insolito. Quella notte, nella “Terribilia Urbis”.
Valerio Trubbiani

8 Trubb-Fuga dalla Marca

info@nostrolunedi.it
www.nostrolunedi.it

Info
www.liricigreci.it
info@lirici.it

GERMINAZIONI

“Germinazioni”

Dal 17 luglio al 31 ottobre 2015

Melodia arcana -

Attingendo al ricco patrimonio dei Musei civici, la mostra “Germinazioni” annoda alcuni fili presenti nel percorso dell’arte moderna recentemente allestito  a Palazzo Buonaccorsi ricreando l’atmosfera di alcune stagioni culturali nelle quali, dalla fine degli anni Sessanta, l’istituzione comunale  ha intensamente operato in direzione del confronto  e a sostegno della ricerca nelle arti visive.. Attraverso la messa in luce di personalità diverse per generazione e per formazione, accomunate da una salda visione della contemporaneità e altrettanto fortemente partecipi del vissuto locale,  la mostra amplifica e arricchisce la percezione di quel ricco humus culturale che connota a tutti gli effetti la realtà maceratese. E’ interessante notare come, in modo del tutto analogo all’impostazione data alla sezione novecentesca del museo, l’esposizione proceda “per mostre”, attraverso una scelta mirata all’interno della lunga sequenza che muove dalla Brigata amici dell’arte, fa riferimento all’attività militante guidata dal critico d’arte Elverio Maurizi e dai curatori negli anni Settanta e Ottanta, e ripercorre le successive proposte, scaturite da una feconda dialettica con l’Accademia di Belle arti e con il territorio, fino agli anni più recenti. Il tema del radicamento e delle sue molteplici e sotterranee germinazioni da dunque da guida all’intera riflessione.

Le opere in mostra sono di:
Alfredo Alimento, Sirio Bellucci, Carlo Bruzzesi, Alfonso Cacchiarelli, Pietro Capozucca, Valeria Ciaffi, Egidio del Bianco, Tonino Ferrajoli, Francesca Gentili, Paolo Gobbi, Carlo Iacomucci, Mauro Mazziero, Marina Mentoni, Ermenegildo Pannocchia, Giulio Perfetti, Riccardo Piccardoni, Sirio Reali, Giovanni Scagnoli.

“Germinazioni”
dal 17 luglio al 31 ottobre
Musei civici di Palazzo Buonaccorsi
Via don Minzoni 24, Macerata
Orari: luglio e agosto 10 -19, settembre – ottobre 10 -18, lunedì chiuso.
Nei giovedì di luglio e agosto la mostra e i musei restano aperti fino alle 23.
Info: 0733.256361 – www.maceratamusei.it –  info@maceratamusei.it
La visita alla mostra è inclusa nel biglietto di ingresso ai Musei civici
Intero 3 euro
Ridotto 2 euro

16)-Iacomucci- L'albero della Vita-acquaforte-mm.300x200-2012

www.liricigreci.it
info@lirici.it

LA CURVA DI TOBIA

Dal nostro lunedi – semestrale di scritture immagini e voci ideato e coordinato da Francesco Scarabicchi e Francesca Di Giorgio.

Prima serie Città numero cinque – marzo 2005

“Addentò divorandola in un balzo la salita del Pinocchio; si precipitò giù rapido come un falco sulla discesa breve ma ripida e sulla piana della Baraccola il cuore metallico del suo motore cominciò a ritmare il tempo con la sinfonia della morte. Abbordò sui duecento la curva di Tobia. Gli poteva fare paura? Era una curva di casa. Ma proprio lì, alla svolta, l’attendeva la Morte. Proiettato fuori dalla forza centrifuga, si staccò dall’asfalto e s’infilò nel tragico filare di alberelli e di confini a un lato della strada. Tentò di richiamare la macchina ma gli si parò davanti un paracarro. La sua Mondial schizzò via a sinistra;
egli fu sbalzato sulla destra in un tragico volo. Quando i primi si precipitarono su di lui era già cadavere. Una giovinezza spezzata all’alba dei suoi trentuno anni.”

Così Lamberto Clementi sulla “Voce Adriatica” di lunedì 20 giugno 1955, il giorno dopo in cui Giuseppe Lattanzi, uno dei migliori assi del motociclismo italiano, era tragicamente morto durante la gara Milano-Taranto, una mattina presto in località Ranocchia dell’Aspio vecchio, a nove chilometri da Ancona. Si era fermato, alle 6.30 di una domenica, al posto di ristoro di Piazza della Stazione, nella folla di amici e di sportivi.
Alle 6.43 era in testa alla classifica con oltre tre minuti di vantaggio, appena superata l’ampia curva che si incontrava all’altezza della trattoria della Ranocchia in prossimità delle Terme dell’Aspio.Perdeva il controllo della Mondial 125 e usciva di strada e dalla vita.
Nella camera ardente del negozio “Mondial” di Corso Carlo Alberto passarono, fra le migliaia di cittadini, anche Fausto Coppi e Louison Bobet.Resta un cippo disadorno, in periferia, nel punto esatto in cui s’è spento cinquant’anni fa, dimenticato e ignorato.

5 motook

info@nostrolunedi.it
www.nostrolunedi.it

Info
www.liricigreci.it
info@lirici.it

PORTE CHE NON ESISTONO PIÙ

Dal nostro lunedi – semestrale di scritture immagini e voci ideato e coordinato da Francesco Scarabicchi e Francesca Di Giorgio.

Prima serie Città numero cinque – marzo 2005

Da porte che non esistono più Norma Stramucci Sul crinale di un colle, al centro storico si entra da porte che non esistono più. Anche belle e restaurate, ma che non aprono nulla. Marina, Romana, Nova, Cerasa, San Domenico, San Filippo sono ormai solo i nomi da pronunciare per dire dove si è parcheggiata l’auto. Ho l’impressione che questa parte di Recanati, no­nostante le porte aperte, sia una stanza chiusa, con le sue pareti, il soffitto, i mobili persino. Un luogo chiuso e sereno. Chiuso il tempo in una mescolanza di storia nella quale convivono i merli ghibellini e una parabolica, le vestigia di un libero comune del XII secolo con i parcometri. E al centro della piazza la statua di Leopardi a testa china, chiuso anche lui su se stesso. Chiusa la statua da un reticolo che impedisce di avvicinarsi, mi vieta di cedere alla tentazione di colorarne di celeste gli occhi abbassati. Li guardo come lui guardava la luna, sempre la stessa. Quella statua è rimasta identica a quando ero bambina e non mi apparteneva l’immagine di un poeta fiero e bellicoso in cui non riconosco quel brutto pezzo di marmo che nessuno ha il diritto di toccare. Il tempo di tutta la mia vita ap­partiene tanto a questa stanza chiusa quanto al suo orto-giardino nel quale ci si immerge uscendo dalle porte. Chiuso anch’esso con un recinto fatto di mare e monti, di colline sulle quali sorgono paesi che ci appartengono, poiché fanno parte del nostro orizzonte. Queste le nostre vere mura, non la cerchia che ci vede passeggiare in ogni stagione e che nessuno più associa al nome di Francesco Sforza. Nessuno al confine, nessuno dietro all’Adriatico, al Conero e ai Sibillini; tutt’al più, nella vallata, il ricordo dei Piceni e dei Romani che si confonde e si fonde con le industrie; che a loro volta toccano il grano, le barbabietole, gli ulivi. Come al centro e nei quartieri, nei supermercati e nelle scuole, si mescolano la vecchietta di Monte Volpino, l’asses­sore comunale, la donna in carriera con la badante polacca o rumena, il bambino macedone, il venditore del Senegal, la studentessa vietnamita e l’operaio albanese. Nessuno qui, per rimanerci, arriva da vicino. Tutti arrivano da quel mare che non ci vede che raramente partire. Tutti felici nel nostro borgo selvaggio. Tutti tranne lui, che è voluto fuggire da una terra che palesemente amava. Lui che fa parte di questo mio mondo chiuso, lui che respiro per le strade, col quale devo costantemente fare i conti, dal quale non posso prescindere avendo la presunzione di sentirmi intimamente e formalmente poeta. Lui che ha abbattuto anche per me qualunque porta. Che mi ha reso pos­sibile un’esistenza serena in questo microcosmo, avendomi insegnato la via per riuscire a vedere e sentire, oltre qualunque limite, l’infinità dello spazio e del tempo, e condividere un principio di umana fraternità.
Norma Stramucci

4 porta

info@nostrolunedi.it
www.nostrolunedi.it

Info
www.liricigreci.it
info@lirici.it