mary de rachewiltz
La mia infanzia, oh, era idillica, a ripensarci. Non che ci ripensi molto spesso, è un capitolo chiuso con i ricordi inseriti in un libro di tanti anni fa e intessuti poi in varie poesie, sia in italiano che in inglese.
E a questo accenno alle due lingue devo aggiungere che ce ne era una terza di lingua, anzi la mia prima: il dialetto tirolese, più propriamente della Val Pusteria.
Oltre alla fortuna di essere nata a Bressanone ho avuto anche quella di essere stata data a balia ad una donna straordinaria, in una casa di piccoli contadini a Gais. è difficile credere al giorno d’oggi che mucche e cavalli e pecore e galline potessero vivere sotto lo stesso tetto senza per questo essere considerati “barbari”. C’era, è vero, una separazione netta. La parte della casa occupata dalla famiglia dava a sud-est, mentre la stalla e il sovrastante fienile davano a nord-ovest. Il tempo era regolato dal sole e dall’istinto degli animali. Il gallo cantava all’alba. Le galline s’appollaiavano dopo il tramonto. E dopo la cena, la “mosa”, servita in una grande pentola posta al centro della tavola sopra il “Pfonnknecht” (il servo della pentola fuligginosa appena tolta dal fuoco), ci si inginocchiava e si diceva il rosario. Poi i bambini o chi era molto stanco si coricavano, mentre la balia, che io chiamava Mamme, cuciva o filava per un po’, e suo marito, il mio Tatte, fumava la pipa.